Andare in pensione è solo una questione anagrafica e di soldi?

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Molte persone credono fermamente che andare in pensione sia l’obiettivo principale della loro vita. Che smettere quanto prima di lavorare migliorerà la loro esistenza in maniera sensibile e duratura. Che prima riusciranno a lasciare il lavoro e prima potranno godersi la vita, dedicarsi alle loro passioni e a ciò che amano fare davvero.

Poi, che questo momento arrivi in seguito al raggiungimento dei requisiti anagrafici stabiliti oppure perché hanno accumulato il capitale necessario a vivere di rendita, è di secondaria importanza.

Sinceramente, anche io la pensavo così un po’ di tempo fa. Ma ora non ne sono poi così tanto convinto. O, quantomeno, non credo che andare in pensione sia una scelta così semplice da un punto di vista mentale ed esistenziale.

Il “big-boss” della società per cui tutt’ora lavoro, che fondò l’azienda circa 50 anni fa, nel 2011 mi chiese di andare a lavorare per la sua azienda. Io all’epoca lavoravo nell’hinterland di Milano mentre la sede della sua azienda era in provincia di Padova.

Avvertivo in maniera tangibile la stima che quell’uomo, all’epoca più che settantenne, nutriva nei miei confronti. Ma diverse circostanze mi facevano pensare che un cambiamento così sostanziale in quel particolare momento della mia vita costituisse un’ipotesi alquanto remota. D’altra parte, tuttavia, non potevo restare indifferente di fronte al corteggiamento professionale di un imprenditore che dal nulla aveva creato e portato al successo un’azienda stimata da clienti, fornitori, dipendenti e dal mercato più in generale.

Ci misi un po’ a decidere, ma alla fine cedetti alle lusinghe e accettai di lavorare per lui e per la sua azienda.

Lavorai quotidianamente a stretto contatto con un imprenditore che era il primo ad arrivare in azienda il mattino presto e l’ultimo ad andare via la sera tardi. Di sabato e di domenica potevi trovarlo facilmente nel suo ufficio o in magazzino a lavorare con devozione per la sua creatura.

Benché fosse in pensione già da qualche anno, la sua casa, quella che lui chiamava così, era la sua azienda. Il suo ufficio, il suo magazzino di 10.000 metri quadrati, i suoi 150 dipendenti. Anche i suoi clienti, alcuni dei quali seguiva ancora in prima persona recandosi a visitarli settimanalmente in tutto il Veneto.

Circa 10 anni dopo che iniziai a lavorare per lui, nel marzo 2020 all’età di 83 anni alcuni problemi di salute lo costrinsero a lasciare definitivamente il lavoro. Dopo oltre 50 anni in cui non c’era stato giorno che non avesse messo piede nella sua azienda, era andato veramente in pensione.

Morì a settembre dell’anno successivo.

Era comunque già in età avanzata e negli ultimi 2 anni di vita non è che sia stato proprio benissimo. Tuttavia, sono convinto che lasciare il lavoro dopo una vita intera abbia contribuito in maniera determinante alla sua rapida decadenza. Decadenza mentale ed esistenziale, prima ancora che fisica.

Lavoro non vuol dire solo riscuotere lo stipendio

Se identifichi il tuo lavoro solo con lo stipendio allora non ti piace il lavoro che fai oppure non ti piacciono le persone con cui lavori.

Certo, questo può capitare e, quando capita, non è affatto una cosa simpatica. E’ normalissimo che in questo caso l’opzione di andare in pensione diventi estremamente affascinante.

Lasciare il mondo del lavoro rappresenta, perciò, un’alternativa molto migliore di un lavoro che non ami e di colleghi che detesti.

Ma, in questo caso, contare i giorni, i mesi, gli anni che ti separano dalla pensione non è la soluzione al problema.

In questo caso, il problema non è il lavoro in sé ma è quel lavoro. Il problema non sono i colleghi ma sono quei colleghi.

Se ti trovi in questa situazione, probabilmente la soluzione migliore è trovare un altro impiego, prima di pensare alla pensione o a vivere di rendita. Lo so che non è facile, ma è la soluzione più sensata affinché il lavoro, i capi ed i colleghi non rappresentino più un problema per te.

Difatti, il pericolo principale di lasciare il lavoro per andare in pensione o vivere di rendita, indipendentemente dal lavoro che svolgi, dai datori e dai colleghi, è che tu poi non sia così felice e soddisfatto come speravi di essere. In pensione, senza un lavoro e senza delle relazioni consolidate che potrebbero venire meno, potrebbe mancarti uno scopo nella vita e tutto potrebbe perdere di significato.

E non credere che a 65 anni non possa capitarti di avvertire questo vuoto. Il mio datore di lavoro lo avvertiva anche a 84 anni suonati e me lo ripeteva ogni volta che ci sentivamo dopo che aveva lasciato l’azienda.

Di conseguenza, rischieresti di viver male un periodo che invece dovrebbe essere quello più sereno e tranquillo in assoluto. Un periodo in cui la qualità della tua vita dovrebbe aumentare, anziché diminuire.

Quando vivi male un’esperienza che ti immaginavi meravigliosa, la situazione diventa molto più angosciante di un capo che non sopporti o di un collega che prenderesti volentieri a schiaffi.

E se questa sensazione di vuoto e di mancanza di scopi la puoi avvertire anche se lasci il lavoro in età più che avanzata per andare in pensione, figuriamoci se dovessi decidere di ritirarti dal lavoro a 30 anni per vivere di rendita.

Lo dimostrano le tante storie di persone che si sono ritirate molto presto dal mondo del lavoro per poi rientrarci dopo che l’euforia della novità si era dissolta, lasciando spazio ad un vuoto esistenziale non da poco.

Perciò, non è oro tutto ciò che luccica. Non sempre andare in pensione vuol dire migliorare la qualità della propria vita. O, quantomeno, non è così per tutti.

Le domande giuste che devi porti prima di scegliere di andare in pensione

Credo che le domande da porti per capire se sia davvero arrivato il momento di andare in pensione non siano strettamente legate a variabili anagrafiche o finanziarie.

Per carità, queste sono tutte domande legittime e fondamentali. Ma secondo me devi portele in un secondo momento. Ovvero solo dopo aver capito di poter andare in pensione senza correre rischi principalmente di natura esistenziale.

E le domande giuste da porti per capire se davvero sei preparato a lasciare il mondo del lavoro sono piuttosto di carattere psicologico e legate alla nostra stessa natura umana:

  • Cosa farò una volta in pensione?
  • Che tipo di relazioni sociali instaurerò?
  • Quali saranno i miei obiettivi?

Una volta in pensione potresti sentirti come se non fossi più importante per nessuno. Di non essere parte di un progetto che ti faccia sentire vivo e fondamentale. Potresti perdere gran parte delle tue relazioni che avevi costruito e isolarti lentamente. Fino a perdere il senso stesso della vita perché non hai più punti di riferimento o traguardi da raggiungere.

Ecco perché prima di capire se possiedi i requisiti anagrafici e finanziari per ritirarti dal lavoro, dovresti sforzarti di capire se sei pronto dal punto di vista psicologico, emozionale ed esistenziale.

Benché tu possa avere tutte le carte in regola, anagraficamente e finanziariamente parlando, potresti non essere pronto dal punto di vista squisitamente mentale ed esistenziale.

I soldi risolvono tanti problemi ma solo se li usi come un mezzo per raggiungere un fine. E in questo caso il fine lo troverai proprio tra le risposte che darai a quelle domande di vita che devi farti. Se non hai le risposte, e soprattutto se non sono adatte a come vuoi davvero vivere in pensione, il denaro ti servirà a ben poco.

Proprio per questo motivo non sono affatto convinto che andare in pensione, o comunque lasciare il lavoro e vivere di rendita a 30 o 40 anni, sia una scelta adatta a tutti. Solo chi ha le risposte giuste a quelle domande esistenziali può affrontare la pensione o la lontananza dal lavoro senza rimpianti e con la massima serenità. Solo in quel caso puoi trarre dagli anni della pensione il massimo che la vita può offrirti.

Viceversa, se non hai quelle risposte, la scelta di continuare a lavorare, avendo possibilità e forze per farlo, secondo me è la scelta più saggia. Almeno fino a quando non avrai le risposte giuste a quelle domande.

Conclusioni

Riepilogando, credo che la scelta di andare in pensione, o comunque quella di ritirarsi dal lavoro, non sia solo una questione anagrafica o di disponibilità finanziaria. Rappresenta, più che altro, una scelta di vita.

E, come in ogni scelta di vita che si rispetti, occorre avere delle alternative altrettanto valide in confronto a quelle a cui si sta rinunciando.

Quando arriverà quel momento, fai in modo che la decisione sia il frutto di una valutazione complessiva di tutte le variabili in gioco. Assicurati di essere effettivamente pronto.

Non concentrarti solo sugli aspetti finanziari della questione. Cerca di inquadrare la situazione riservando la priorità al tuo essere persona e, in quanto tale, alla qualità della tua vita in generale.

Ma, intanto, ti ringrazio per avermi letto!

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