Qualche sera fa, scorrendo annoiato il mio feed di Facebook, mi appare il post dell’amministratore di un gruppo di finanza personale che seguo, in cui c’era scritto pressappoco così:
Un lettore del mio blog mi ha scritto:
“Inserirei nelle scuole l’insegnamento dell’educazione finanziaria. Insegnerei a tutti gli studenti a comprare periodicamente le azioni di una società molto grande e solida, che distribuisce buoni dividendi da decenni, e insegnerei a reinvestire questi dividendi nelle stesse azioni di quella società o di società similari”.
Gli faccio i miei complimenti perché questo dimostra cosa vuol dire avere una strategia in ambito finanziario.
Al che non ho potuto esimermi dal commentare con un laconico “E la diversificazione muta….”, a sottolineare che l’amministratore del gruppo stava completamente tralasciando di comunicare un principio fondamentale dell’investimento.
Quello della diversificazione, appunto.
Vi risparmio la risposta dell’amministratore, peraltro un consulente finanziario indipendente, e la mia controrisposta ancor più piccata della prima, a seguito della quale sono stato sbattuto fuori dal gruppo.
Come forse già saprai, non ho nulla contro l’investimento in azioni di singole società, purché sia fatto con una minima parte del proprio capitale complessivo e con cognizione di causa.
Non ho nemmeno nulla contro chi consiglia questo tipo di investimento.
Quello che contesto è l’elogio di questa strategia di investimento in un contesto pubblico come può essere un gruppo Facebook.
Chi scrive non conosce nulla della persona che leggerà le sue parole.
Non conosce il suo reddito, il suo tenore di vita, a quanto ammonta il suo patrimonio e com’è strutturato.
Non sa se il lettore ha già da parte un fondo per le emergenze ben tarato sulle sue esigenze, né conosce la sua personalità, il suo temperamento e la sua propensione al rischio.
Ne ignora completamente gli obiettivi di vita e di investimento.
E, soprattutto, non conosce il grado di competenza di chi legge e come il lettore possa interpretare un certo messaggio.
Soprattutto se il messaggio non è adatto a persone prive delle basi minime di educazione finanziaria.
Bisogna sempre capire chi si ha di fronte
Il problema principale della comunicazione finanziaria, almeno in Italia, è che si tende a fornire consigli di investimento copia e incolla.
Come se i destinatari fossero dei robottini tutti uguali tra loro, senza emozioni, con lo stesso background di competenze e tutti con le stesse identiche esigenze.
Questo approccio alla comunicazione finanziaria è tipico di banche, assicurazioni, industria finanziaria in genere.
Ma a quanto pare è molto comune anche tra consulenti finanziari indipendenti che invece dovrebbero privilegiare un altro tipo di comunicazione con i propri interlocutori. Soprattutto se sconosciuti.
Come ben sai, non voglio che i miei lettori prendano per oro colato quello scrivo.
Preferisco che si informino e si documentino in piena autonomia.
Il mio obiettivo è solo quello di fornire spunti e spingere il lettore ad approfondire gli argomenti, prima di prendere decisioni di investimento.
Decisioni che devono tenere conto di tante variabili e di tante situazioni personali che io non posso, evidentemente, conoscere.
Pertanto, qualsiasi cosa io possa dire e/o consigliare non si adatterà mai perfettamente ad ogni singolo individuo che leggerà le mie parole.
Nei miei articoli cerco di scavare sempre in profondità dell’argomento di cui, di volta in volta, mi occupo.
Ma quando si tratta di dare consigli specifici di investimento, cerco di essere sempre il più generico possibile.
Non perché non abbia la voglia o la capacità di andare più in profondità, ma soltanto perché mi rendo conto di non conoscere chi leggerà le mie parole.
Se sapessi che chi mi sta leggendo ha un certo grado di competenze in ambito finanziario e di investimento, conosce perfettamente le dinamiche dei mercati ed i rischi cui può andare incontro, allora potrei spingermi a consigliare l’investimento in questa o in quella società e di reinvestirne i dividendi.
Come non ha fatto l’amministratore del gruppo Facebook, e consulente finanziario, in questione.
L’obiettivo del nostro amico consulente era certamente un altro e sicuramente più nobile. Ovvero, quello di spingere i suoi lettori verso un piano di investimento costante che privilegi sempre il reinvestimento dei guadagni.
Che di per sé è quello che faccio anche io, intendiamoci.
Ma la maniera in cui ha veicolato il suo messaggio è oggettivamente da biasimare.
Perché nel gruppo che gestisce ci sono sicuramente lettori che hanno la sensibilità di leggere tra le righe e capire il senso del messaggio.
Ma la stragrande maggioranza delle persone non ha i rudimenti nemmeno per capire cosa sia l’interesse composto.
Figuriamoci se ha la capacità di interpretare correttamente il messaggio lanciato dal nostro amico.
E a quest’ultima tipologia di lettore bisognerebbe rivolgersi in maniera completamente differente.
E’ questo che intendo per trappole della comunicazione finanziaria.
A mio zio, che non ha la minima conoscenza dei fondamentali dell’investimento, non posso assolutamente magnificarne le meraviglie prendendo come esempio l’investimento in azioni di singole società.
Gli fornirei un pessimo servizio. Perché potrebbe ricevere il messaggio sbagliato che il modo migliore per investire sia quello.
E, di conseguenza, potrebbe metterci dentro gran parte dei suoi risparmi, comprare l’azione sbagliata e restare con un pugno di mosche in mano.
Con lui dovrei scegliere un approccio più generale, meno specifico e molto meno rischioso. Come quello di preferire un modello di strategia di investimento indicizzata attraverso ETF ben diversificati e ad accumulazione.
E siccome tra i miei lettori ci sarà l’investitore di lungo corso che conosce bene i principi dell’investimento per il lungo termine, ma c’è anche mio zio che non ne capisce nulla, dovrò mantenere sempre un profilo molto generico ed usare gli esempi giusti per far passare nella maniera corretta i concetti che voglio comunicare.
Per concludere
In conclusione, non diamo mai per scontato che i nostri interlocutori recepiscano i messaggi esattamente come crediamo noi.
Soprattutto quando non li conosciamo personalmente e soprattutto quando si tratta di comunicazione finanziaria.
E per te che sei un lettore, cerca di interpretare bene i messaggi, magari cercando conferme da fonti indipendenti diverse ed autorevoli.
O magari leggendo qualche libro sul tema.
C’è chi è più competente e conosce bene il mondo della finanza e degli investimenti. C’è chi, invece, è la prima volta che sente parlare di certi argomenti e non ha ancora la sensibilità giusta per comprendere appieno determinati concetti. Anche quando questi ultimi siano corretti e comunicati in totale buona fede.
Quando il pubblico a cui ci rivolgiamo è estremamente eterogeneo è meglio tarare il nostro messaggio sulla fascia meno pronta ad interpretare correttamente i nostri discorsi.
Eviteremo di dare un cattivo servizio e, nei casi peggiori, che qualcuno interpreti male le nostre parole e commetta errori di cui potrebbe pentirsi per tutta la vita.
Intanto, grazie per avermi letto e ti aspetto al prossimo articolo.
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