Quando parliamo di investimenti andiamo inevitabilmente ad interessarci alle due grandi variabili che li caratterizzano:
- Il Rendimento
- Il Rischio
Ti ho già parlato del rendimento e di come calcolarlo. In questo articolo cercherò, invece, di spiegarti il concetto di rischio e di quali parametri puoi utilizzare per tentare di misurarlo.
Al contrario del rendimento, che è una misura oggettiva perché parte da dati certi come il prezzo d’acquisto e il prezzo di vendita in momenti ben definiti, il concetto di rischio è più sfuggente ed ha più interpretazioni. Di conseguenza, anche le metodologie per tentare di misurarlo presentano tutti i loro limiti.
Intanto posso dirti che non esiste una definizione oggettiva e univocamente riconosciuta del rischio. Perciò le definizioni che ti darò tengono conto della mia esperienza diretta e dei tanti libri letti sul tema.
La definizione di rischio negli investimenti
Come detto prima, il concetto di rischio è decisamente elusivo e sfuggente ma in generale può essere inteso come la possibilità di subire una perdita.
Il rischio di un investimento rappresenta la possibilità che il rendimento atteso da quell’investimento non si materializzi o che il capitale investito possa perdere valore.
Per le premesse fatte, questa è una definizione molto forzata di rischio. Cioè è un tentativo di dare a tutti i costi una definizione ad un concetto che è difficile da definire e da misurare.
Tuttavia, proviamo ad addentrarci di più nell’oscuro mondo del rischio iniziando con il dire che il rischio può essere di due tipologie:
- Rischio di breve termine
- Rischio di lungo termine
Rischio di breve termine: la volatilità
Il rischio di breve termine è più semplice da comprendere. Esso è rappresentato dalla tendenza del rendimento di un investimento a discostarsi dalla sua media nel breve termine, solitamente uno o due anni.
Ad esempio, se la media del rendimento annuo di un’obbligazione è del 4%, il rischio di breve termine è che il rendimento di quell’obbligazione si discosti dalla quella media. In particolare che scenda al di sotto della media.
Investimenti i cui rendimenti a breve termine non si discostano molto dalla loro media si definiscono poco rischiosi. Pertanto, con un grado di rischio di breve termine molto contenuto.
Mentre investimenti i cui rendimenti a breve termine tendono a discostarsi di molto dalla loro media si definiscono rischiosi. Di conseguenza, presentano un grado di rischio di breve termine elevato che, di conseguenza, può generare anche forti perdite nel giro di pochissimo tempo.
Una misura del rischio di breve termine di un investimento può essere data dalla sua volatilità, definita come l’oscillazione del rendimento di un investimento rispetto alla sua media in un dato periodo.
Di solito la volatilità si misura con la Deviazione Standard (DS) che indica di quanto il rendimento di un investimento si discosta dalla sua media in un certo periodo di tempo.
Maggiore è il rendimento dell’asset class considerata e maggiore è il rischio di breve termine rappresentato dalla volatilità. Come detto all’inizio del post.
La volatilità sta ad indicare che se il rendimento medio annuo di un investimento è stato del 9,6% e la sua volatilità annua del 19,5%, vuol dire che, ragionevolmente, in un anno puoi aspettarti un rendimento del 9,6%±19,5%. Vale a dire un rendimento compreso nel range -9,9% e +29,1%
Se la volatilità è alta anche il rischio di breve termine associato all’investimento sarà alto.
Di conseguenza, si può dire che un investimento caratterizzato da una elevata volatilità nel breve termine è più rischioso di un altro la cui volatilità nel breve termine è più contenuta.
Il limite della volatilità come misura del rischio di breve termine è che essa rappresenta oscillazioni sia negative che positive rispetto al rendimento medio.
Pertanto, è assurdo definire la volatilità una misura del rischio nel momento in cui è positiva, rappresentando un guadagno per l’investitore.
Tutto sommato, però, la volatilità può ben approssimare il rischio per l’investitore di perdere denaro sull’investimento nel breve termine.
Presterai attenzione al rischio di breve termine, e quindi alla volatilità, qualora l’orizzonte temporale di quell’investimento è molto breve (sotto i tre anni di solito).
Se, invece, l’orizzonte temporale dell’investimento è superiore ai 5 anni allora le oscillazioni di breve periodo, che esprimono il rischio di breve termine, non devono interessarti più di tanto.
In questo caso, invece, dovrai fare delle valutazioni sul rischio di lungo termine.
Rischio di lungo termine
Se il rischio di breve termine è rappresentato dalla possibilità di perdere denaro nel giro di poco tempo, il rischio di lungo termine, cioè la possibilità di perdere soldi nel medio/lungo periodo (5 anni o più di solito) è tutt’altra faccenda.
Per un investitore di lungo periodo, il rischio principale è, evidentemente quello di lungo periodo.
Infatti, per un investitore che ha un orizzonte temporale di lungo periodo, una perdita nel breve termine sarà ampiamente compensata nel lungo periodo.
Se stai investendo per integrare la tua pensione tra 30 anni, una perdita di valore consistente nel breve termine ha un’importanza più emotiva che sostanziale. Infatti, la perdita puoi recuperarla abbastanza facilmente nel giro dei rimanenti 28 anni.
Ma se, ad esempio, i rendimenti attesi a 30 anni non dovessero essere quelli effettivamente realizzati, allora la faccenda è completamente diversa. Perché in quel caso vorrebbe dire probabilmente non raggiungere l’obiettivo. Nella fattispecie non riuscire a integrare sufficientemente la pensione per poter vivere dignitosamente.
Questo è il rischio a lungo termine: non riuscire a raggiungere l’obiettivo di investimento.
Attenzione, però. Per rischio non si intende solamente quello di perdere denaro nel senso di finire con un capitale più basso di quello di partenza (ipotesi alquanto remota per la gran parte dei portafogli ben diversificati nel lungo termine).
Vuol dire anche realizzare rendimenti che, seppur positivi, sono molto inferiori a quelli attesi.
Ad esempio se investissi 100.000€ per 20 anni con un rendimento atteso dell’ 8% e invece il rendimento effettivo dovesse essere del 4%, a fine corsa ti ritroveresti con un capitale di 220.000€ circa. Certamente è il doppio del capitale di partenza, ma non è il capitale che avresti avuto se il rendimento fosse stato quello atteso dell’8%.
Un mancato rendimento di oltre il 200% sul totale: 370% contro 120%.
E se il tuo obiettivo di integrare la tua pensione è tarato su 470.000€, te ne ritroveresti meno della metà e saresti in grosse difficoltà, con una somma a disposizione molto inferiore a quella che avevi preventivato.
Questo, ad esempio, è il rischio di associare strumenti di breve termine a obiettivi di lungo termine. Come accade ad esempio quando per obiettivi di lungo termine come la pensione ti affidi al conto deposito. Hai una probabilità altissima di non raggiungere l’obiettivo e quindi stai correndo un rischio di lungo termine elevatissimo.
Stranamente, l’essere umano sembra essere molto più spaventato dalla volatilità, o rischio di breve periodo, piuttosto che dal rischio di lungo termine.
Forse perché il lungo periodo è visto molto distante e l’essere umano se ne cura meno rispetto al futuro più prossimo.
Fatto sta che se stai investendo nel lungo periodo il rischio che devi tenere sotto controllo è proprio quello di lungo termine.
Con un’orizzonte temporale di lungo periodo il rischio di breve termine, e quindi la volatilità, riserva più opportunità che rischi. Opportunità di acquistare a sconto con la prospettiva di rendimenti attesi molto più elevati nel lungo periodo.
E allora come puoi misurare il rischio di lungo termine di un investimento?
La metodologia migliore è analizzare le serie storiche dei prezzi più lunghe che hai a disposizione per l’asset class che ti interessa, osservarne i rendimenti medi nel lunghissimo termine e prenderli come parametro di riferimento per analizzare il rischio in misura molto più “qualitativa” che “quantitativa”.
Ad esempio, nel lungo termine le azioni hanno dimostrato di poter perdere denaro o comunque avere rendimenti bassi anche per periodi prolungati, nell’ordine anche di 10/15 anni.
Ma la buona notizia è che generalmente i rendimenti di questa classe di attività tendono a regredire verso la media. Pertanto, se ci sono periodi prolungati in cui i rendimenti si sono dimostrati bassi o negativi, è molto probabile che nei periodi successivi i rendimenti siano molto alti, compensando in tal modo i bassi rendimenti dei periodi precedenti. In questo modo i rendimenti ritornano in media.
Quindi, il rischio di detenere azioni nel lungo termine, tutto sommato, è molto basso, contro un rischio di breve termine molto più impattante.
Per le obbligazioni, sfortunatamente, la regressione verso la media non esiste. Pertanto, può accadere che a periodi di bassi rendimenti seguano periodi con rendimenti ancora più bassi.
Questo perché le obbligazioni, più che al ciclo economico (quindi crescita e recessione), sono legate al livello dei tassi di interesse, influenzandone prezzi e rendimenti.
In definitiva, le obbligazioni a lunga scadenza, nel lungo periodo, possono essere paradossalmente più rischiose delle azioni.
Per quanto concerne invece le obbligazioni a breve scadenza, il rischio sia di breve sia di lungo periodo è molto contenuto. Ma devi fare attenzione ad associarle ad obiettivi di breve termine. Altrimenti, se associate ad obiettivi di lungo termine, possono essere molto rischiose per il semplice motivo che non ti faranno raggiungere l’obiettivo.
Riepilogando sul rischio negli investimenti
In sintesi si può affermare che il rischio va valutato in base all’orizzonte temporale dell’investimento che ti accingi a fare.
Se l’investimento è di breve periodo allora ti devono preoccupare le oscillazioni di breve termine. E la volatilità, in questo caso, è una buona misura della rischiosità di un investimento.
Se invece l’orizzonte temporale dell’investimento è di lungo periodo, la volatilità e il rischio a breve non devono preoccuparti. Deve invece preoccuparti il rischio di lungo termine, ovvero quello di non raggiungere l’obiettivo prefissato.
Misurare il rischio di lungo termine è molto difficile ma una buona soluzione è prendere le serie storiche più lunghe che hai a disposizione sull’investimento in questione e vedere quelli che sono stati i rendimenti medi.
Se gli ultimi 10/15 anni hanno evidenziato rendimenti ben al di sopra della media di lungo periodo allora c’è il rischio elevato che i rendimenti di quell’investimento siano bassi per i successivi 10/15 anni per effetto della regressione dei rendimenti verso la media.
Al contrario, se i rendimenti negli ultimi 10/15 anni sono stati molto inferiori rispetto alla media di lungo periodo allora ci sono buone possibilità che i rendimenti futuri siano più generosi e, di conseguenza, l’asset in questione abbia un rischio a lungo termine più contenuto.
Quest’ultima considerazione non vale per le obbligazioni in quanto per questa classe di asset non esiste regressione verso la media.
In ogni caso, sia che si tratti di rischio a breve termine sia che si tratti di rischio a lungo termine la maniera migliore per tenerlo sotto controllo è quella di avere un’asset allocation congrua con gli obiettivi di investimento e di diversificare sempre e comunque sia tra asset class sia all’interno delle stesse.
Buon investimento e… grazie per aver letto il mio post!
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